lunedì 22 febbraio 2016

RIFLESSIONI SULLA REALTA' DELL'ARTISTA


Stamani mattina mi sono messa al lavoro presto. Quando il giorno prima si sono sperimentate nuove idee e le si sono abbozzate su lavori e schizzi, dopo una buona dormita mettersi subito al lavoro permette di fermare qualcosa che altrimenti probabilmente si perderebbe.
Il lavoro è comunque sempre la medicina. Per un artista non esiste ispirazione del momento senza una costante preparazione nel lavoro. Ci si deve dedicare al lavoro per continuare a provare a se stessi che la creazione è l'energia sempre presente e che farla passare dalle proprie mani è quasi un'esperienza mistica. Diventa un bisogno... sperimentare la creazione è forse una delle esperienze più belle per l'essere umano.



La realtà dell'artista però è complessa. 
L'artista ha sete di creare, ha paura della distruzione, vive cercando la solitudine, ha paura della solitudine, ha bisogno di creare bellezza riconosciuta.
Quando penso a Beethoven ormai completamente sordo che alla prima della Nona sinfonia, al termine del concerto, non sentendo il pubblico in estasi pensò di aver fallito mi rendo conto della perenne posizione dell'artista. 
Ci sono grandi e piccoli artisti, dipende dal talento, dal lavoro, dalla condizione economica e sociale e dipende dalla fortuna, ma perennemente ognuno di questi vivrà una lotta interiore.
Il bisogno di essere riconosciuto contro l'esigenza di creare senza il bisogno di piacere.
Il sentirsi libero, ma l'esigenza di trovare un committente.
Il senso di vuoto e il senso di pienezza che sembrano rincorrersi in maniera incessante.



Se creare è la medicina lo è anche ricordarsi che l'energia che abbiamo visto, intravisto nel momento della creazione non scompare e non si dissolve. E' lì sempre quando la cerchiamo. Il lavoro è questa ricerca. Se non c'è ricerca c'è compiacimento e la posizione più autentica sembra proprio arrivare quando il buio sembra più fitto e il bisogno si sente con più forza.

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